COSTANTINOPOLI
Figlio di un generale illirico
Costantino non ama particolarmente Roma e per questo decide di spostare
definitivamente la capitale in Oriente. La necessità di avvicinare la sede
dell’impero ai confini della pars
Orientis e la volontà di legare il proprio nome alla fondazione di una
città, come già Alessandro, lo spingono a questa impresa da cui sarebbe dovuta
nascere una seconda Roma. La scelta ricade su Bisanzio, inaugurata con il nome
di Costantinopoli nel 330. In pochi anni divenne una grande metropoli.
La fondazione di Costantinopoli
apre la strada alla divisione in due parti dell’impero. I bizantini - che
chiamano sé stessi romani – si
considerano eredi di Augusto; utilizzando però la lingua greca e avendo
tradizioni slave e asiatiche si allontanano dalla civiltà romana-latina. Nel
395, con la morte di Teodosio, la divisione è ufficiale: l’la parte orientale
va al figlio primogenito Arcadio, mentre quella occidentale va al cadetto
Onorio (gli succederà poi Galla Placidia, come reggente del figlio Valentiniano
III).
E mentre l’Occidente si avvia
alla dissoluzione, l’Oriente si consolida politicamente ed economicamente.
DA COSTANTINOPOLI A MILANO
I successori di Costantino
trovarono come sede ideale la città di Milano che era già stata eletta come
propria residenza da Massimiano. Milano eclissa chiaramente il prestigio di
Roma fin dal 355, quando Costanzo II ci riunì il sinodo dei vescovi
d’Occidente.
Con l’episcopato di Ambrogio
Milano si arricchirà di un numero di chiese paragonabile a quello di Roma.
L’ASCESA DI RAVENNA
Dopo la morte di Ambrogio Milano
appare poco sicura all’imperatore Onorio che assiste impotente alle invasioni
germaniche al di là delle Alpi. Per questo nel 402 egli decide di spostare la
corte a Ravenna, sede della flotta adriatica e semplice porto militare. Una
scelta dettata da esigenze strategiche: toccata dalla via Emilia, difesa su tre
lati dalle paludi del Po, affacciata sull’Adriatico, Ravenna appare
inconquistabile da terra e raggiungibile per mare da Costantinopoli.
L’arte ravennate trova la sua
espressione più originale in un’architettura sacra che combina forme già
affermate in Occidente con una decorazione interna di ispirazione bizantina,
con sontuosi effetti di superficie e sulla luminosità dei rivestimenti.
L’ARTE BIZANTINA
La cultura artistica che
chiamiamo, impropriamente, bizantina è un ramo dell’arte tardoantica in cui la
tradizione classica convive e si combina con le suggestioni delle diverse
culture fiorite nella pars Orientis.
Da una parte abbiamo il senso
dell’immagine come imitazione fedele della natura e la capacità di
rappresentare lo spazio e il movimento dei corpi (efficacissimo naturalismo) e
dall’altra troviamo la perdita della coerenza plastica ed una marcata
schematizzazione delle forme (linguaggio codificato), incline all’astrattismo
vedendo il linguaggio solenne, privo talvolta di movimento.
Fra i IV e il VI secolo l’impero
d’Oriente si copre letteralmente di edifici sacri: chiese, monasteri, martyria e santuari. A Bisanzio le forme
tradizionali dell’architettura romana si combinano con altre di origine
orientale, dando vita a soluzioni di grande impatto e totalmente nuove.
Nella scultura si rinuncia sempre
più ad imitare le forme naturali in favore di contenuti simbolici nelle
immagini. Ci troviamo di fronte a figure bidimensionali, statiche, uniformi,
ripetitive, collocate secondo l’ordinamento gerarchico della società del tempo.
Si procede quindi verso l’impersonalità con immagini di una gelida perfezione
formale, simbolo del potere e della gloria.
IL MOSAICO BIZANTINO
Il massimo dell’espressività
pittorica fu raggiunto con il mosaico parietale a Bisanzio dal VI secolo in
poi. I mosaici erano destinati alla parte alta della chiesa ed erano inframmezzati da strutture architettoniche che separavano le zone decorate.
Il mosaico consiste nell'incastonare la tessere secondo angoli determinati; nei mirabili giochi delle policromie bizantine non v'è dubbio che anche gli affreschi avessero un importante ruolo, ma non avrebbero mai potuto raggiungere il ruolo dell'arte musiva.
Il mosaico bizantino scompare durante l'epoca iconoclasta: le raffigurazioni di immagini lasciano posto a quelle di semplici simboli, come croci (la maggior parte), animali, piante, uccelli, ecc.
Le prime immagini che riappaiono dopo l'epoca iconoclasta ripropongono a figure isolate lo schema classico, per poi riprodurre scene complesse e ordinate secondo cicli completi.
LA CHIESA DI SAN MARTINO VESCOVO A POZZOLO FORMIGARO
La chiesa di San Martino è stata fondata intorno all'anno Mille e la sua nascita si può collegare ai primi momenti di vita del borgo. Già l'11 Luglio 1196 la chiesa di San Martino fu menzionata da Celestino III in un documento con il nome di San Martino del Gazzo. Questa chiesa era situata al di fuori delle mura ed era adibita anche come rifugio dei pellegrini.
Negli anni successi al 1200 il borgo si espande, inglobandola all'interno delle mura con la facciata rivolta, probabilmente, verso il castello, come risulta da un documento del 1579.
Nel 1605 viene costruita la canonica e nel 1808 iniziano i lavori che portano ad un radicale rifacimento della facciata, spostata su quello che è il lato attuale. Altre minori ristrutturazioni furono apportate negli anni successivi dal parroco Montemanni.
La chiesa, però, continuava ad avere proporzioni irregolari, sia all'esterno che all'interno; questo fu il preludio che porto, cinquant'anni dopo, alla sua demolizione. Così nel 1904 iniziarono i lavori per l'attuale costruzione in stile bizantino.
Oggi la facciata in mattoni scoperti mostra l'andamento delle tre navate, con la centrale più alta e con tetto a capanna decorato ad archetti, mentre le laterali hanno tetto a spiovente. La facciata ha tre ingressi; il centrale ha un protiro ad una sola colonna e sorregge una tribuna con balaustra, dove un tempo si mostravano le reliquie ai fedeli.
Le due navate presentano una successione di cinque cappelle affrescate, per la maggior parte, dal pittore Beroggio di Torino. Sul catino absidale sono stati dipinti, dall'Arneri, momenti della vita di San Martino, con una ricca disposizione di figure e di allegorie.
Nella terza cappella a sinistra si conservano due tele settecentesche, recentemente restaurate e provenienti dall'Oratorio dei Battuti Rossi (di Pozzolo Formigaro), rappresentanti il martirio di San Bartolomeo e la Madonna col Bambino.
Nella quarta cappella a sinistra sono visibili due pitture su legno, forse databili al Settecento, rappresentanti, quella di destra, San Giovanni Battista e, quella di sinistra, San Paolo.
Il mosaico consiste nell'incastonare la tessere secondo angoli determinati; nei mirabili giochi delle policromie bizantine non v'è dubbio che anche gli affreschi avessero un importante ruolo, ma non avrebbero mai potuto raggiungere il ruolo dell'arte musiva.
Il mosaico bizantino scompare durante l'epoca iconoclasta: le raffigurazioni di immagini lasciano posto a quelle di semplici simboli, come croci (la maggior parte), animali, piante, uccelli, ecc.
Le prime immagini che riappaiono dopo l'epoca iconoclasta ripropongono a figure isolate lo schema classico, per poi riprodurre scene complesse e ordinate secondo cicli completi.
LA CHIESA DI SAN MARTINO VESCOVO A POZZOLO FORMIGARO
Negli anni successi al 1200 il borgo si espande, inglobandola all'interno delle mura con la facciata rivolta, probabilmente, verso il castello, come risulta da un documento del 1579.
Nel 1605 viene costruita la canonica e nel 1808 iniziano i lavori che portano ad un radicale rifacimento della facciata, spostata su quello che è il lato attuale. Altre minori ristrutturazioni furono apportate negli anni successivi dal parroco Montemanni.
La chiesa, però, continuava ad avere proporzioni irregolari, sia all'esterno che all'interno; questo fu il preludio che porto, cinquant'anni dopo, alla sua demolizione. Così nel 1904 iniziarono i lavori per l'attuale costruzione in stile bizantino.
Oggi la facciata in mattoni scoperti mostra l'andamento delle tre navate, con la centrale più alta e con tetto a capanna decorato ad archetti, mentre le laterali hanno tetto a spiovente. La facciata ha tre ingressi; il centrale ha un protiro ad una sola colonna e sorregge una tribuna con balaustra, dove un tempo si mostravano le reliquie ai fedeli.
Le due navate presentano una successione di cinque cappelle affrescate, per la maggior parte, dal pittore Beroggio di Torino. Sul catino absidale sono stati dipinti, dall'Arneri, momenti della vita di San Martino, con una ricca disposizione di figure e di allegorie.
Nella terza cappella a sinistra si conservano due tele settecentesche, recentemente restaurate e provenienti dall'Oratorio dei Battuti Rossi (di Pozzolo Formigaro), rappresentanti il martirio di San Bartolomeo e la Madonna col Bambino.
Nella quarta cappella a sinistra sono visibili due pitture su legno, forse databili al Settecento, rappresentanti, quella di destra, San Giovanni Battista e, quella di sinistra, San Paolo.
0 commenti:
Posta un commento