mercoledì 29 marzo 2017

Alla scoperta di Libarna



LA SCOPERTA DI LIBARNA
Libarna venne riscoperta nel XIX secolo in occasione dei lavori per la costruzione della Strada Regia dei Giovi (1820 - 1823) e della ferrovia Torino-Genova (1846 - 1854).
Gli scavi archeologici hanno poi riportato alla luce resti di edifici monumentali e quartieri di abitazioni. 
L'attuale area archeologico mostra una piccola parte della città antica, la quale si estendeva su una superficie molto più ampia. Sono visibili l'anfiteatro, il teatro, due quartieri di abitazioni e alcune strade urbane, mentre le terme ed il foro, successivamente agli scavi archeologici, furono reintegrati. 

TERME
Nel mondo antico le terme non erano solamente luoghi destinati ai bagni, bensì erano anche ambienti di conversazione e di divertimento.
Le terme, collocate tra il quartiere dell'anfiteatro ed il teatro, occupavano la superficie di quattro isolati. 
Non si conosce nulla dell'impianto poiché l'area non è mai stata indagata sistematicamente, infatti solamente dai vecchi scavi si può ipotizzare che il complesso fosse monumentale e che occupasse quattro isolati. 
Oltre i bagni erano presenti spazi adibiti per le attività sportive, come la palestra e la piscina (natatio), e culturali, ad esempio biblioteche e sale di declamazione. 
Solamente dal II secolo a.C. ha inizio lo sviluppo di un'architettura termale, infatti precedentemente il bagno era un'azione privata a cui si riserva poco spazio; all'interno dell'abitazione vi era la lavatrina o latrina (termine successivamente utilizzato per indicare i servizi igienici), collocata accanto alla cucina per sfruttarne il calore. 
In un impianto termale erano necessari uno spogliatoio (apodyterium), il calidario (il calidarium era la parte destinata ai bagni caldi), il tepidario (il tepidarium era la parte destinata ai bagni in acqua tiepida) ed il frigidario (il frigidarium era la parte destinata ai bagni in acqua fredda). Gli impianti termali potevano essere pubblici o privati.
In Italia le prime terme si diffusero nel meridione, in ambito magno-greco e siceliota (Gela, Siracusa, Megara Iblea) e campano. 

FORO
Il foro è uno spazio aperto, attorno al quale sorgono una serie di edifici, destinato alla vita commerciale, politica e religiosa. In una fase successiva il foro divenne un complesso architettonico unitario frutto di un progetto unico, come il Foro di Cesare a Roma. 
Il foro era solitamente posto all'incrocio del cardine (nord-sud) con il decumano (est-ovest) ed era il centro principale di incontro dei cittadini e delle principali attività pubbliche, politiche, amministrative, commerciali, religiose e giudiziarie; in alcuni casi si possono trovare delle case destinate ai membri della classe dirigente. 
Il foro di Libarna si trovava al di fuori dell'attuale perimetro dell'area archeologica, lungo il decumano massimo in direzione opposta all'anfiteatro. Sappiamo poco del suo assetto in quanto le ricerche ad esso riferite furono limitate nel 1911 che hanno permesso, comunque, di individuare l'area all'incirca quadrata. 
L'ampiezza del portico meridionale potrebbe far ipotizzare un utilizzo come basilica, come altri centri. Probabilmente un arco quadrifronte (come l'Arco di Giano a Roma) monumentalizzava lo snodo delle strade (sopra cui sorgeva il foro) all'ingresso settentrionale, regolamentando il traffico dei veicoli.
Accanto al portico sud è stata individuata una fondazione a pianta rettangolare ed è forse interpretabile come il basamento di un tempio, il Capitolium (edificio canonico del foro, principalmente dedicato alla triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva).
Da un'iscrizione del I secolo d.C. si evince che un benefattore di nome Caius Atilius Bradua lastricò a sue spese la piazza. 
In un foro romano, inoltre, erano presenti il Comizio, spazio in cui i cittadini eleggevano i propri rappresentanti amministrativi, e la Curia, sede delle riunioni del Senato locale, oltre che molteplici botteghe. Successivamente si aggiunse anche la basilica, destinata ad ospitare svariate attività, tra cui quelle giudiziarie; proprio per l'amministrazione della giustizia la basilica divenne anche una biblioteca, come nel caso del Foro Traiano con la Basilica Ulpia. Il diritto romano si basava sulle sentenze precedenti, ospitate quindi in quella che era la sede dei processi, la basilica.

STORIA
Nella campagna di Libarna, in provincia di Alessandria, si possono ammirare i resti archeologici di quello che fu un insediamento a partire dalla media età del Ferro (VI – V secolo a.C.), quando con l’apertura di un emporio etrusco a Genova nella prima metà del VI secolo a.C. lo Scrivia divenne un’importante via commerciale che raggiungeva la Pianura Padana e le aree transalpine.
Nella seconda età del Ferro (III – II secolo a.C.) Serravalle Scrivia venne popolata dai Liguri e l’area per le sepolture si espandeva lungo le sponde del rio della Pieve.
L’importanza dell’insediamento protostorico è sottolineata dall’origine preromana del toponimo Libarna, citato anche dallo stesso Plinio (di origini cisalpine fu un magistrato, uno scrittore non professionista e il capo della flotta romana).
Non è definibile con certezza la data di fondazione della città di Libarna, ma essa doveva essere già organizzata come colonia nell’89 a.C.
Tra il II e il I secolo a.C. l’apertura della via consolare Postumia nel 148 a.C e la concessione della cittadinanza, latina nell’89 e romana nel 49 a.C., contribuirono all’attuazione di una pianificazione urbanistica programmata (si effettuò anche la catastazione del territorio), le cui tracce sono evidenti nel reticolato dell’impianto urbano che segue l’orientamento della via Postumia.



LA VIA POSTUMIA
La via Postumia fu fatta costruire dal console romano Postumio Albino nel 148 a.C. (tra il 149 e il 146 a.C. venne combattuta la III Guerra Punica e ci fu un conflitto contro la lega achea, con la conseguente distruzione di Cartagine e di Corinto) nei territori della Gallia Cisalpina (attuale Pianura Padana) per raggiungere i due porti più importanti del nord Italia: quello di Aquileia, sede di un porto fluviale accessibile dal Mare Adriatico, e quello di Genova sul Mar Ligure.
La via Postumia determinò la crescita del prestigio di Libarna che divenne punto di riferimento e di attrazione delle popolazioni residenti nei territori circostanti ed ebbe un ruolo di rilievo nel processo di romanizzazione delle aree finitime.

Via Postumia in azzurro

Le prime testimonianze archeologiche dell’area urbana di Libarna sono databili tra la metà e la fine del I secolo a.C.

Le strutture attualmente visibili permettono leggere l’articolazione topografica della città con particolare riferimento all’età romana imperiale (I – IV secolo d.C.) e testimoniano il momento di massimo splendore della città di Libarna, ricca, densamente popolata e frequentata da coloro che percorrevano la via Postumia.

Le dimensioni e le caratteristiche degli edifici pubblici indicano una città di dimensioni notevole e con una rilevante densità demografica; i reperti, rinvenuti nel corso degli scavi, testimoniano un sostanzioso flusso economico e commerciale nel corso dei primi secoli dell'impero ed un indebolimento di esso a partire dal III secolo d.C. La città sembra quindi perdere prestigio in età tardoantica, parallelamente al declino della via Postumia, anche se una continuità dell'insediamento è documentata dall'area del rio della Pieve in età medievale, dove sono state rinvenute sepolture ad inumazione (VII - VIII secolo), oggetti di arredo liturgico (seconda metà VIII secolo) provenienti dall'antica chiesa plebana e da una fornace per ceramica (IX - X secolo). 


LE PORTE DELLA CITTA'
Secondo i ritrovamenti Libarna non possedeva una cinta muraria, ma furono comunque edificate le porte a nord e sud lungo il cardine massimo per segnalare lo spazio urbano. 
Libarna, però, essendo un castrum verosimilmente doveva essere dotata di una fortificazione che andava oltre al significato simbolico. Dagli scavi archeologici nessun reperto è emerso, ma si può presupporre che la cinta muraria sia stata utilizzata come cava di materiali, in epoca più recente, per la costruzione di altri edifici. 

Nella costruzione di una città potevano interferire anche i valori politici e religiosi: prima di ogni azione viene interpretato il volo degli uccelli, il cosiddetto auspicium, dal magistrato o dall'augure. Successivamente, se l'auspicium fosse stato positivo, si procedeva con il sulcus primigenius: il magistrato delimita il perimetro delle mura con un'aratro (come fece lo stesso Romolo); questo è una sorta di augurium. Il magistrato veste con il cinctus gabinus (toga tipicamente adibita alle figure più importanti della classe alta). 
Venivano costruite per prime le mura, considerate un sistema di difesa ed un confine tra lo spazio esterno (ager) e quello interno (urbs). Successivamente si iniziavano a costruire gli edifici pubblici e poi quelli privati.
Nel caso di Libarna, trattandosi però di un castrum, non è sicuro che si verificasse il processo sopra indicato. 

ARCHITETTURA ROMANA
L'architettura romana è l'espressione più originale con le realizzazioni più durature nel corso dei secoli, inoltre presenta il grado maggiore di originalità e superiorità tecnica tra le architetture delle civiltà antiche dell'area mediterranea. E' risaputo, inoltre, che fu introdotto dai romani l'uso del calcestruzzo. 
Tutto questo ha permesso ai romani di realizzare edifici grandiosi dal punto di vista delle altezze e dei volumi, ad esempio nei casi della rete stradale, degli acquedotti e dei sistemi fognari, utilizzati ancora tutt'oggi. 
Gli architetti romani arrivarono a soluzioni avanzate e a forme nuove impensabili lasciate irrisolte dagli architetti greci. Tuttavia il peso della tradizione greca era molto forte e di conseguenza venne data una grande importanza anche all'aspetto estetico.
I romani si sono sempre sentiti inferiori rispetto ai greci, soprattutto in ambito filosofico, adottando così un linguaggio decorativo greco, nonostante le strutture romane fossero ampiamente superiori.
Per abbellire gli edifici in stile greco veniva utilizzato un rivestimento in calcestruzzo, ma a partire dalla fine della Repubblica iniziarono ad utilizzare, come sostituto, il marmo colorato. 

IL TEATRO




Il teatro era un edificio a forma semicircolare, di ispirazione pienamente greca, in cui si svolgevano le rappresentazioni tragiche e comiche insieme ad altre forme di spettacolo antico.
Il teatro di Libarna risale al I secolo d.C. L'edificio fu posizionato al limite nord-occidentale del tessuto urbano. Gli scavi finalizzati al solo rinvenimento dei resti, la costruzione di due linee ferroviarie e le numerose spoliazioni da parte dei contadini non permettono ora di capirne a pieno la sua monumentalità. L'edificio doveva essere altamente decorato con marmi preziosi e intonaci dipinti.  Il teatro, realizzato nelle sue parti essenziali in opera cementizia rivestita di blocchetti in pietra e corsi di mattoni, era probabilmente impostato su due ordini: un ambulacro esterno con ventidue arcate sorrette da pilastri su basi in arenaria ed un ordine superiore probabilmente cieco. 
Vi erano un ingresso principale centrale fiancheggiato da due ingressi laterali e da quattro ingressi secondari in corrispondenza dei corridoi radiali di accesso alle gradinate. 
All'interno la cavea e l'edificio scenico (in greco skenè) costituivano un blocco unitario, chiuso, garantendo una resa acustica ottimale. 
Davanti all'orchestra (spazio semicircolare tra gradinata e scena, in origine in Grecia destinato alle evoluzioni del coro) nelle fondazioni della scena sono ancora visibili i fori che ospitavano i meccanismi di sollevamento del sipario. Alle spalle dell'edificio scenico si trovava un giardino porticato (porticus post scaenam), al centro del quale, verosimilmente, si trovava una fontana.
Il teatro poteva ospitare diverse centinaia di spettatori.




L'ANFITEATRO




L'anfiteatro era un edificio di spettacolo, di forma ellittica, in cui si svolgevano i munera, i combattimenti tra gladiatori e le venationes, ovvero le cacce a bestie feroci.
L'anfiteatro era quasi sempre posizionato marginalmente rispetto al resto degli edifici, sia a causa della sua tarda diffusione sia per le folle ingenti che doveva ospitare. Pertanto esso sorgeva spesso al di fuori delle mura, tuttavia esistono comunque casi in cui esso si trovava all'interno. Ed è proprio questo il caso di Libarna, in cui l'edificio, costruito nel I secolo d.C., si collocava all'interno del perimetro, nella parte più orientale della città, in asse con il decumano massimo e con i cardini. 
L'edificio occupava una superficie pari a due isolati ed era circondato da un muro di cinta rettangolare  che doveva integrare l'edificio nel reticolo ortogonale. L'ingresso principale doveva trovarsi sul lato lungo occidentale, in asse con il decumano massimo; erano presenti anche altri tre ingressi.
L'edificio apparteneva al cosiddetto "tipo a terrapieno frazionato". Alle autorità spettava una tribuna speciale.
Il perimetro esterno, secondo le ipotesi archeologiche, doveva presentarsi su due ordini; erano presenti lesene, basi e cornicioni marcapiano in arenaria. L'arena era delimitata da un podio alto due metri circa. 
Al centro vi erano dei vani sotterranei di servizio, probabilmente coperti da un assito ligneo. Per proteggere gli spettatori sulle tribune dalla pioggia e dal sole l'edificio poteva essere coperto da grandi teli fissati a pali, a loro volta ancorati alla muratura. 
Questi spettacoli, come tramandano le fonti, riscuotevano moltissimo successo. A Roma, inizialmente, i giochi erano messi in atto nella piazza del Foro il quale era stato organizzato con gallerie sotterranee. In occasione dei munera gli spettatori sedevano su delle tribune di legno, montate per l'occasione.
Nell'epoca di Augusto gli spettacoli si spostarono nel Campo Marzio, nei Saepta; esisteva già un anfiteatro all'interno dell'urbs, quello di Statilio Tauro, ma era di dimensioni troppo ridotte.
Nel 71-72 d.C. fu iniziata la costruzione dell'Anfiteatro Flavio (il cosiddetto Colosseo) per volere di  Vespasiano e fu terminato sotto il regno del figlio Domiziano (81-96 d.C.). Questi edifici, però, erano già presenti nell'Italia Meridionale dal II secolo a.C., come nei casi di Pozzuoli e Capua. 






GLI ISOLATI




Le prime testimonianze edilizie a Libarna risalgono al periodo tra la fine del I secolo a.C. e l'inizio del I secolo d.C. La maggior parte dei rinvenimenti fa parte del "quartiere dell'anfiteatro" e dalla "via del teatro". 
Oggi è complesso comprendere l'organizzazione della vita e l'organizzazione delle case a causa della scarsa documentazione archeologica, oltre che degli interventi di spoliazione successivi all'abbandono del sito.
Per i due isolati adiacenti all'anfiteatro si può riconoscere una prima fase tardo-repubblicana/augustea (fine del I secolo a.C. - fine del I secolo d.C.) in cui l'isolato era diviso in una grande domus signorile e in tre abitazioni meno sfarzose con cortile parzialmente coperto e ambienti commerciali. 
Alla fine del I secolo d.C. gli isolati subiscono delle modifiche, verosimilmente per la costruzione dell'anfiteatro; le due grandi case ad atrio e peristilio vengono divise in lotti con una riqualificazione finalizzata alla produttività e al mercato, andando quindi a creare delle botteghe, delle officine di tintura della lana ed un ambulatorio medico. 
Le insulae (soluzioni abitative multifamiliari a più piani) non furono mai costruite a Libarna in quanto non ci fu mai uno sviluppo demografico che ne creasse la necessità. 



LE BOTTEGHE E L'AMBULATORIO DELLA DOMUS  D



A sud-ovest troviamo una bottega che si affacciava sul decumano massimo e confinante con due lavanderie (una più grande dell'altra). 
La nuova abitazione signorile occupava all'incirca due terzi della superficie dell'edificio precedente e presenta due ingressi simmetrici: il principale, nell'angolo sud-orientale, aveva al suo fianco la stanza del custode ed una serie di ambienti di servizio adibiti, probabilmente, come ricovero di animali; il secondo ingresso era posto nella zona nord-orientale, dando accesso a stanze di servizio, tra cui è anche riconoscibile la cucina. 
Una grande sala si estendeva per una superficie di 100 mq, ma di quest'ultima rimangono solamente pochi resti del pavimento marmoreo; da essa si accedeva al triclinio, caratterizzato da un pavimento a mosaico (ancora visibile) a tessere bianche e nere con al centro la raffigurazione, policroma, del mito di Licurgo e Ambrosia.





La sala da pranzo comunicava con il retrostante piccolo giardino, confinante con la camera da letto padronale preceduta da un'anticamera.
Nella stanza che occupa la parte più settentrionale della casa sono stati ritrovati dei mortai e degli strumenti chirurgici che suggeriscono la funzione ambulatoriale di questo ambiente. La disposizione e la dimensione di questa stanza fanno pensare che fosse il luogo in cui erano praticati gli interventi chirurgici, cure, quindi, diverse da quelle di routine familiare. In questo luogo viene così riconosciuto un vero e proprio ambulatorio, forse da porre in relazione con il vicino anfiteatro.





IL SCENA DI LICURGO E AMBROSIA NELLA PITTURA E NEI MOSAICI ROMANI
Nella versione di epoca ellenistica di Licurgo e Ambrosia, narrata da Nonno di Panopoli nella sua opera Dionisiakà, la ninfa Ambrosia, nutrice di Dioniso, è inseguita da Licurgo, re della Tracia, che tenta di ucciderla brandendo un'ascia bipenne. Interviene la madre Terra che la salva, trasformandola in una vite. 
L'iconografia di Ambrosia e Licurgo è presente sulla ceramica attica a figure nere e a figure rosse, dalla quale dipendono con chiarezza le rappresentazioni romane, in cui Licurgo è quasi completamente nudo, coperto solamente da un mantello svolazzante sulle spalle, indossando ai piedi gli éndromides, ovvero degli stivaletti alti, mentre Ambrosia stesa a terra è ancora in sembianze umane e attende il colpo fatale inferto dal re Trace con una spada. 
La più antica rappresentazione musiva è quella di Delo, databile al II secolo a.C., nella quale però è già codificata l'iconografia che poi si ripeterà sostanzialmente analoga in quasi tutti gli altri mosaici posteriori, la quale dimostra l'esistenza di "cartoni", ovvero di modelli comuni che circolavano all'interno dell'impero a disposizione dei mosaicisti. 


Mosaico di Delo con il mito di Licurgo e Ambrosia

"E' bellissimo fermarsi ad osservare ciò che qualcuno, 2000 anni prima di noi, è stato in grado di realizzare"





















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